martedì 20 maggio 2008

castelli di carte

tip-tap, tip-tap..
Passi in punta di piedi, ticchettii sulla terra non voluti, ricercando un silenzio nascosto.
Entri nel tuo castello di carte e di colpo ti rendi conto di quanto il sole le abbia ingiallite. Sono opache ora, i colori smorti si confondono uno nell'altro, sfumature di un indefinito indistinto.
E dire che ne eri così orgogliosa... Spesso, di nascosto, quando era silenzio e tutti dormivano o erano indaffarati nelle loro vite, tornavi a fargli visita. Ti arrampicavi sui suoi triangoli scoscesi e le geometrie crescenti offrivano nuovi giochi e viste da ogni punto, scoprivi disegni che al primo sguardo, troppo veloce, troppo fugace, si erano persi nel gioco, nell'attenzione di porre le carte una sull'altra.
Ma ora un semplice spostare il peso rischia che l'intera costruzione precipiti su se stessa. Fai un passo e già questo minimo movimento senti potrebbe essere fatale. Tutto è instabile, senti già come trema, e ferma, immobile, non osi un passo, non respiri, che ora anche solo un soffio sarebbe di troppo.
E allora esci, piano piano scali la tua costruzione all'incontrario, cercando di non portare via con te troppi pezzi. Giù, a terra, la guardi dal basso, e vedi i segni del tempo, la carta che ai bordi già si piega e si separa, rughe taglienti. Non ci credi, non ancora, che sia bastato così poco a rendere tutto così estraneo, già così lontano.
Ti allontani. Un po' perchè è triste questo spettacolo, te lo ricordavi così colorato quando ti rapiva i pensieri in un sorriso. E ora il sole ha cotto il tempo portandoselo via e non vuoi vedere come tutto sia già invecchiato, forse irrimediabilmente andato.
Lo lasci lì, scheletro vuoto di quel che fu, di quel che è stato, di quel che avrebbe potuto essere in un altro spaziotempo. E come una conchiglia vuota resta lì a farsi riempire dal rumore del mare.
Ora è da lontano che lo vedi, inconcreto, irreale, non riesci più a metterlo a fuoco, vederlo nitido. Quasi rimpiangi quel colpo di dita che non gli hai dato perchè ti regalasse un ultimo sfarfallio di foglie secche dalle venature fragili. Ma forse non cambierebbe molto. Resta come involucro abbandonato, vuoto, volerlo distruggere del tutto non avrebbe senso. Che non ha più vita già lo sai dentro di te, il resto è superfluo.
Un'ultima occhiata per scorgere un gioco di luci ancora, ma è solo un riflesso del sole calante. Resta, solo, un guscio vuoto risucchiato da un tempo silenzioso che passa e porta via.

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