venerdì 28 dicembre 2007

bianco di nebbia zucchero e farina

Città imbevuta di nebbia,
bianco nell'aria a inghiottire ogni cosa,
per le strade solo sagome un po' irreali
e il freddo fa piangere gli occhi.
Farina e zucchero che mischiano i loro odori
nel calore del fuoco
e un fumo dolce ti avvolge.

..è un bel buonGiorno..


giovedì 27 dicembre 2007

Dedalo e le Parche

Destino intessuto nelle carni.
Fili ad annodare insieme i muscoli,
connettere, tendere e flettere ogni organo,
dalle viscere calde alla pelle che si contrae e rabbrividisce all'aria.
Fluido a scorrere inerte,
inutile riserva in movimento per una macchina spenta.
Occhi incavati e fissi al vuoto,
chiazze bianco sporco che non riflettono nulla.

Per quanto tu possa cambiare, non puoi sottrarti a te.
E certi colori ti appartengono come un destino.

mercoledì 26 dicembre 2007

solamente stanca

So di avere il viso piegato in una contrazione obliqua e triste, quasi da lacrime se non avessi gli occhi così secchi e spenti.
No, non piango. Né ho lacrime per me. Un'asciutta e cinica disillusione m'impedisce la dolcezza di un pianto, la carezza delle lacrime calde sulle guance. Il mio viso rimarrà secco.
Ascolto note familiari per riappropriarmi di momenti felici. E forse questo riesce a inumidirmi gli occhi, nel contrasto con questi giorni così incerti, così pesantemente tristi.
Ho voglia di leggerezza e volar via, che tutto fosse libero e librante in aria.
Parole leggere e dolci che mi sfiorino e carezzino, che mi dicano che va tutto bene. Essere semplicemente abbracciata, potermi distendere su un giaciglio sentendomi avvolta nel tepore di un sorriso, occhi dolci a cullarmi.
E invece ogni volta a lottare perchè le cose funzionino. Neanche. Che per lo meno non si scontrino.
Vulnerabile.
Non capisco perchè mi basti una sola parola per passare da una felicità assoluta a pensieri che collassano su se stessi, vortici scuri che non lasciano alcun luogo di tregua in cui potersi fermare e rincattucciare a sorridere dolcemente.
Stanca, e tristezza a velarmi gli occhi.

sabato 22 dicembre 2007

viaggio

Ho come l'impressione che ogni mio cambiamento significativo
sia legato a un viaggio, ad uno spostamento.
Sì, è banale da dire, ma il fatto è che non è il viaggio in sè
a causare il cambiamento, ma è l'inverso.
E' il mio mutare stato a portare con sè il viaggio, a pianificarlo.
Io a muovermi per seguire luoghi e persone che voglio raggiungere.
Non è questa la prima volta, non sarà l'ultima.

Un sole rosso magenta a splendere nell'aria.
Un'alba sui campi neri,
rivestiti di brina sui primi lievi steli verde acqua,
quasi riflettenti il cielo.

Al tempo stesso estraniata e totalmente in me, resto in attesa, vigile,
ma con quella tensione che riassorbe i pensieri in sè,
vapor acqueo che confonde contorni e confini,
frammistando cose e pensieri
in un'inconcretezza che rifiuta ogni sentiero logico,
almeno coerente.

Cuore veloce e respiro che ogni tanto s'interrompe
per recuperare maggior aria.
Brividi freddi e bocca aperta a respirare
mentre spaziotempo vanno a scomparire.

giovedì 6 dicembre 2007

pioggia grigia

Scrivere dev'essere un'urgenza, un moto improrogabile.
Scrivere tanto per mantener fede all'impegno preso è cosa sterile.

Tanti motivi per l'assenza.
E ora i pensieri sono cupi, hanno bisogno di trovar modo di uscire.
Pensieri che non voglio affrontare.
Rifletto di paure e angosce, solitudini e egoismi.
Penso il mio donarmi talvolta troppo, gettarmi a capofitto
senza riserve in quegli altri che accolgo nel mio cerchio, in me.
E non vi voglio nominare, che nella mia testa siete pure immagini, e qui non voglio concedervi diritto d'asilo col nome, e in tal modo posso trasformarvi in ombre, e restar sola con me.
Spazio dedicato a me. A me soltanto.
E da qui procedo a ritroso, non capendo perchè i pensieri si siano incanalati in questo labirinto discendente, sempre più scuro,
doloroso e conficcato in cuore.

Voglio un giorno di pioggia per domani.
Voglio un giorno di pioggia per non detestare il sole.
Se ci sarai, sole, mi sentirò sdoppiata,
slabbrata e dilaniata, contorta e fuor di me.
Ti odierò, sole, se ci sarai.
Oggi è incoscienza ancora, per l'ultimo attimo.
Per domani voglio gocce di pioggia per scontrarmi con la realtà.
Solo io e il cielo furente a investirmi.
Che se sarò felice nessun temporale potrà scurirmi il viso,
godrò di ogni singola goccia d'acqua che arriverà a bagnarmi,
a penetrarmi nella pelle.
Mi metterò a correre incurante dell'acqua,
bagnandomi di mondo, felicità assoluta.
Ma se sarò triste voglio un cielo grigio a schiacciarmi a terra,
che non mi faccia rialzare il corpo dall'asfalto,
una guancia a toccare il suolo freddo e duro.

Voglio un sonno pesante e senza sogni. E parole che mi scaldino.

Non voglio credere in nulla.
Non oggi.

mercoledì 5 dicembre 2007

soggetto in disegno

Il disegno - non dei tratti confusi, ma l'unità di una figura - non è ciò che guida fin dall'inizio il percorso di una vita, bensì è ciò che tale vita si lascia dietro, senza poterlo mai prevedere e neanche immaginare. ... L'unità figurale del disegno, il significato unitario della storia, può essere posta, da chi la vive, solo in forma di interrogazione. O, forse, di desiderio.

Esponibile e insieme narrabile, l'esistente si costituisce sempre nella relazione all'altro. Con tutta l'inimitabile sapienza di un sapore familiare, sa di essere un'unicità irripetibile, ma non sa chi è, chi espone. Sa di essere un'identità narrabile, ma sa anche che solo un altro può emendare la fallacia dell'impulso autobiografico.

Chi cammina sul terreno non può vedere la figura che i suoi passi lasciano dietro, gli è necessaria un'altra prospettiva.

Sembra ignorare di desiderare il qui e ora il racconto della propria storia. Per questo, davanti all'inatteso realizzarsi del suo desiderio di narrazione, piange. Il racconto gli ha infatti svelato, all'un tempo, la sua identità narrabile e il suo desiderio di sentirla narrare. Ora egli sa chi è, sa chi esponeva nell'agire.


Lunga lunga parentesi non mia, per sfruttare parole che puntano luce sui pensieri e rendono limpidi quelli che nella mia testa sono solo degli abbozzi un poco opachi, intuizioni che non hanno un retroterra solido su cui fondarsi, rischiando di restare immagini sospese.

Pochi pensieri sparsi, commenti forse inutili e superflui...

Parole che mi mostrano lucidamente la mia ricerca dell'altro, dell'altra
[l'uso del soggetto doppio, incarnato, in questo momento è d'obbligo]
nella convinzione che
l'esistente si costituisce sempre nella relazione all'altro.
Cercare gli altri per poter avere quella pluralità di orizzonti
che consente di osservare te stesso, te con gli altri, il mondo intero,
staccandoti da quella eccessiva vicinanza
che rendeva impossibile vedere le cose, troppo a contatto.

Estraniamento.
Uscir da sè, per poterci tornare
nella visione che solo la distanza consente.

Dopodichè...
Risposta pseudofilosofeggiante al perchè scrivere in un blog:
risposta aulica ad un bisogno di autoesposizione,
o ad un più mero impulso di esibizionismo!
Far uscire i pensieri da me, il mio sentire;
comunicare quel che mi capita, che penso, vivo,
seppur in un principio che è di soliloquio, di solipsismo del sè.
Un modo tra i tanti per stabilire contatti,
intessere e intrecciare storie e relazioni insieme.

Desiderio di autonarrazione
che nelle vostre letture, nei vostri sguardi,
nelle vostre parole di risposta o silenziose mi riporta a me,
mi regala la mia storia di vita.


spero di poter fare altrettanto..


[A. Cavarero, H. Arendt, E. Bloch]

mercoledì 28 novembre 2007

désir cynique

L'Homme..
non être de besoins,
non être de raison,
mais être de désirs.

Anche se infine si ama solo il proprio desiderio,
e non quello che si è desiderato
.


[D. Lecourt, F. Nietzsche]

domenica 18 novembre 2007

prendersi con dolcezza!

certi giorni bisogna prendersi con dolcezza, coccolarsi,
darsi attenzioni con piccoli ma quanto mai dolci dettagli...



Freddo intenso, da inverno inoltrato nonostante si sia nemmeno al 20 Novembre, non oso immaginare come sarà Gennaio! E tuttavia l'idea d'inverno è quanto mai incoraggiata dalle dilaganti decorazioni natalizie che già invadono ogni angolo di strada.
E qui si dimostra l'ormai innegabile senso del kitsch di cui i francesi sono permeati! Come non bastasse la Tour Eiffel trasformatasi perennemente in stroboscopico e allucinante albero di natale sbrilluccicoso -immaginare per comprendere un albero di natale di 309 metri d'altezza per farsi un'idea!- ormai anche lampioni, alberi e palazzi tengono il passo, facendo a gara per la più terribile decorazione!
Si inizia morigeratamente sugli Champs Elysées con alberi i cui rami spogli sono imbrigliati in fili bianchi che, fortunatamente, li adornano discretamente ancora senza luci.
Purtroppo seguono, inoltrandosi per strade di lusso in direzione Madeleine, lampioni e alberi posticci rivestiti di dischi di plastica argentati più cordoli spiumeggianti, anche quelli color argento. Il risultato è una strada che si è trasformata in una pessima copia di seconda mano di cristallini swarovsky e paillette da discoteca! Sempre non volendo nominare gli immensi fiocchi rossi e gli immancabili cristalli di neve alle vetrine!
Tra tutto ciò, un negozio di costumi in maschera e peluche, con gli animali riprodotti a grandezza naturale. Ora... Gli orsi ci stanno, in fondo sono un classico; già il cervo e il cinghiale mi lasciano un attimo perplessa; ma quando vedo il tacchino coi bargigli rosa, la coda a raggiera enorme e le zampe rugose è troppo, e scoppiano le risa, incontenibili!

Freddo! Freddo! Freddo! E cielo da neve, col sole che sbuca in trasparenza tra le nuvole che ricoprono il cielo intero, ultimi raggi prima che venga inghiottito del tutto.
Girare infreddolite, sottobraccio per cercare contatto e scaldarsi un poco, alla ricerca di un posto che possa offrirci qualcosa di caldo.
Ma l'ulteriore beffa offertaci da una delle città più invasa da turisti del mondo (e in special modo la domenica!) consiste nel trovare tutto chiuso: boulangerie, salon de the, brasserie... tutto irrimediabilmente a luci spente e con le sedie ribaltate e accatastate sopra i tavoli.
Finalmente arriviamo nell'ennesimo posto che avevamo mirato invogliate dalla guida, che ci stupisce felicemente nel rivelarsi aperto. Salvo, ovviamente, essere pieno a scoppiare... Chiediamo per l'attesa e, prevedibilmente, il cognome italiano risulta troppo incomprensibile per le schizzinose orecchie francesi, troppo assuefatte alle nasali per riuscire a concepire altri suoni! Così, c'inventiamo un nome che possano comprendere e ci reincamminiamo nel freddo per i venti minuti indicatici, intorno a un palazzo di vetro costruito al fine di ospitare un mercato, ma che al termine dei lavori si era rivelato essere troppo "opera d'arte" per poter sopportare strepiti e frutta gettata negli angoli, convertito quindi in centro commerciale di lusso!

Finalmente il tempo è nostro, e infreddolite c'immergiamo nella nostra meta, scoprendo che gli unici francesi presenti nel locale sono i camerieri... Dopo sgomitate varie e ripetuti depennamenti sulla lista d'attesa riusciamo a vederci assegnato un tavolino quadrato su cui già troneggiano svariati vasi che fanno presagire ogni ben di Dio, la nostra fame già portata al limite dal continuo passaggio di cestini pieni di pane e croissant, impedendosi di allungare la mano per servirsene e lasciare allibito il cameriere!
Ma via, finalmente sedute e il listino è nelle nostre mani.
Nonostante la fame sia notevole, ordinare la colazione completa sarebbe dichiarare guerra aperta alla capacità dei nostri stomaci di contenere cibo, e così si opta per la smezzata, a cui aggiungiamo una tazza di cioccolata calda.
Nell'attesa gli occhi spaziano sui tavoli di legno, sulla tavolata enorme in cui estranei fanno colazione affiancati, impiastricciandosi e servendosi dagli stessi vasi. Contro la parete una scaffalatura in legno con esposti i prodotti in vendita ci fa pregustare i prossimi sapori!
Finalmente, il tavolo si riempie! Un cestino di vimini ricolmo di pani diversi, i vasi di vetro con marmellate dei vari colori, cioccolate di ogni tipo. Il fumo sale dalla tazza bianca ricolma di cioccolata, spumosa in superficie; la teiera, tonda e morbida, scalda le mani ancora infreddolite, ma coi primi sorsi il caldo invade il corpo e iniziamo a viziarci di sapori!
Perchè è impossibile non sperimentare, sovrapporre, provare ogni accoppiata possibile o improbabile, intanto che il tavolo si riempie di briciole e diventa campo di battaglia in atto!
E tra le risa finisco col trovarmi briciole e marmellata ovunque, impiastricciata come una bambina che ha appena finito di giocare coi colori!

Pienissime e più che soddisfatte da questa colazione-pranzo-merenda delle 3 del pomeriggio, rifocillate e scaldate ci riconsegnamo alle strade e al freddo, a un cielo che si è fatto unica lastra di ghiaccio, promettente neve.
Poi, così, d'improvviso, il freddo e il ghiaccio vengono spezzati dalle foglie di un Ginko, ancora tutte su, ventagli gialli che irradiano colore!
E una volta ancora scopro quanto sia bella questa città, con quante sorprese sia in grado ogni volta di stupirmi.



sabato 17 novembre 2007

respiro

Capitano a volte situazioni e incontri tanto potenti da sconvolgerci i giorni.
Ci colpiscono a tal punto da costringere a ritornare a loro, qualsiasi cosa stiamo facendo.
A quegli Assoluti vorremmo dedicare ogni pensiero e ogni energia, votarci irrazionalmente con tutti noi stessi.
Ma poi ti fermi, ti guardi intorno e decidi di aspettare, di lasciare a quei momenti tempo e spazio per consentire loro di respirare, così da non travolgerli per la troppa impazienza.
Ti obblighi a lasciare che il tempo scorra, naturale, senza forzarlo, assecondandolo nei suoi risvolti, in ogni sua curva e ansa, rendendoti conto di quanto questo fosse necessario per non finire trascinata via.
E in vigile sospensione ti accorgi che quel "Pensiero" potendo respirare assume concretezza, perdendo così quei toni d'irrealtà di cui si tinge un Assoluto.

E mentre così cammino per strada, mantendendo il contatto e la consapevolezza del suolo, gli occhi al cielo scoprono unicorni tra le nuvole, mentre l'aria diffonde melodie che arrivano da lontano.

lunedì 12 novembre 2007

rete di Indra

Si dice che nel cielo di Indra esista una rete di perle disposta in modo tale che, osservandone una, si vedono tutte le altre riflesse in essa. Nello stesso modo, ogni oggetto nel mondo non è semplicemente se stesso ma contiene ogni altro oggetto e, in effetti, è ogni altra cosa.

La vita ha ripreso a fluire, fiume in piena che scorre, potente.
Sento l'acqua che mi lambisce con forza, i piedi puntati e il corpo teso in potenza, in assesti di equilibrio.
Acqua e vita potenti, intorno e dentro, ovunque, in ogni cosa che mi circonda, come se tutto fosse stato riportato alla vita. Mi attraversa, mi colme e riempie, m'invade, per poi continuare a fluire via, non depotenziata dall'avermi attraversato, ma ancora più forte, energie che si accrescono l'un l'altra.
Rete di Indra, ragnatela di luce in cui ad ogni nodo una perla brilla e riflette la luce di ogni altra, tutte presenti simultaneamente l'un l'altra e anche a sé, ritornanti nel riflesso.
Sostenuta in questa rete di fili e perle che so che mi specchia e mi sorregge, così come ugualmente divento io specchio e sostegno.
Immersa. Nodo di questa rete mobile e in divenire, in connessioni che si diramano all'infinito, anche oltre quanto io possa vedere, arrivare.

.. ed è un grazie immenso ..


(ovviamente dedicato a tutti coloro che mi sono cari)

giovedì 8 novembre 2007

sorrisi

A volte bastano poche parole,
lanciate da lontano come trottole colorate!

mercoledì 7 novembre 2007

ologrammi, fiori secchi e gusci in madreperla

Nei momenti grigi il mondo si trasforma in ologramma, gioco di specchi prodotto dalla mente.
Fantasie che al primo movimento degli specchi possono venire riassorbite tra le pieghe dei pensieri, pensieri che girano a vuoto e si compiacciono di tirare dardi contro di sé.
Un Mondo che non entra, a dispetto del proprio che preme per uscire, senza curarsi dei modi in cui lo fa, troppo desideroso di essere, vivere, far vedere.
Spalanca porte mentre forse non dovrebbe, apre scrigni che invece dovrebbero rimanere serrati, come Koshey incatenati diec'anni alla parete, senz'acqua per potersi dissetare.
Senz'acqua a diventare fiori secchi, ultimi e fragili residui, a colori tenui, rimasti in penombra fin quasi -quasi!- a scordarsene, e a quel punto, solo allora, volerli sfiorare, e con una carezza dolcissima ridurli in polvere.
O magari sarà un raggio di sole, improvviso, a ridurli a vuoti e vacui gusci, involucri disabitati e abbandonati nella loro trasparenza madreperlacea.
E allora se ne riuscirà a sorridere, di un sorriso malinconico che accoglie e lascia andare.

martedì 6 novembre 2007

Oz

Vivo ad Oz! Senza saperlo...


Me ne rendo conto quando, in una mattina di sole, camminando per la strada con gli occhi colpiti dalla luce del sole e dai colori intensi e caldi dell'autunno che avanza, foglie rosse a danzare per me, mi ritrovo davanti, ferme in attesa, due scarpette rosso sgargiante.
Una a fianco all'altra, distanti quel giusto da far presagire un salto verso l'alto, hanno da poco salutato Dorothy, mentre io rimango ferma all'uscita del parco, riconoscendo il brillare dorato dei mattoni gialli che spuntano tra la sabbia del sentiero.
E mentre il mondo per un attimo si ferma, mi aspetto da un momento all'altro che le foglie più gialle dell'albero cadano per lasciarmi intravedere gli smeraldi.

domenica 4 novembre 2007

mani

Seduta sulle tue ginocchia tengo le tue mani tra le mie.
Le guardo ed è come non sapessi più dov'è il mio corpo,
dove finisce e comincia il tuo.
Riconosco quella forma delle dita, mi appartiene.
Conosco ogni angolazione e potrei prevedere ogni singolo movimento.
Quattro mani che si riconoscono, uguali,
e si confondono come appartenessero alla stessa persona.

..senso di comunanza infinito..

lunedì 29 ottobre 2007

terra fertile

Freddo e cielo bianco sporco, uniforme in ogni lembo, neanche una nuvola a dargli qualche variazione. Totalmente omogeneo.
La pioggia muta consistenza e forza ad ogni passo, imprevedibile, da nugolo di goccioline dissolte nell'aria a pungenti e fredde piccole lamine taglienti.

Vigile nonostante le quanto mai insufficienti ore di sonno rifiuto l'ombrello, resto al vento, all'aria e al freddo dell'acqua. Svegliarmi e godere del giorno, sentendo così caldo all'interno di me da desiderare il freddo pungente sul viso e sui capelli.

Mentre cammino sotto le gocce di pioggia, l'aria che mi esce dalla bocca si condensa all'istante in una nuvoletta che semino presto a passi svelti, ritmicamente sulle pietre lucide a specchio.

Mi porto le mani alla faccia, inspiro il mio odore, mi sento viva.

sous le beton la terre est fertile

Sotto il cemento, sotto i cumuli di macerie e artefatti umani, sotto tutto ciò che chiamiamo civiltà, progresso, agi, al di là delle giungle tossiche che invadono la città, queste piccole parole segnate in bianco sul cemento mi riportano a una terra bruna e umida, scura, accogliente.
Lì compressa e negata, esclusa dal contatto con acqua e aria, invisibile al cielo e al sole.
E tuttavia presente, in stato quiescente ma pronta a rivivere, rigogliosa, alla prima goccia d'acqua e sole che riuscirà ad avere.

Parigi messa oggi alla prova nel suo grigiore invernale, nella sua assenza di colori e di vita, rinchiusa dalla pioggia. Ma stranamente, nonostante il propagarsi dei toni di grigio, continua a piacermi. La Senna che scorre veloce, in onde che si rompono e si riprendono l'una nell'altra; le case che iniziano a perdersi nella foschia acquosa che dà a tutto un sapore d'inconsistenza; i boulevards alberati che mi restituiscono in mezzo al traffico il respiro della natura.

martedì 23 ottobre 2007

caramelle nascoste

Il freddo ha ormai preso definitivamente possesso del giorno, ma il sole ancora non rinuncia a scaldare con forza. Il respiro esce in nuvole calde che si dissolvono rapidamente, e per non inghiottire aria fredda mi sollevo la sciarpa fino a nascondere metà della faccia, rassicurante e confortevole nascondiglio entro cui ridere felice.

Mi sento una bambina con un tesoro nascosto sotto la giacca, una scatola di giochi o di caramelle, le braccia e le mani incrociate a tenerlo ben stretto.
E ad ogni passo sentirne la presenza mi costringe a scoppiare in sorrisi incontrollati, irrefrenabili!


Rido nascosta nella sciarpa, ma gli occhi mi tradiscono all'esterno, ridenti anch'essi, mentre cammino veloce per le strade con un segreto che m'illumina la giornata.

domenica 21 ottobre 2007

sospesa in obliquo

Non ho problemi a conoscere una persona, a mettermi in gioco, aprire pensieri sensi e sentire, so che non ho nulla da perdere e tutto da scoprire e assorbire, nuovi mondi che mi si presentano davanti.
Ma nel reincontro frano miseramente....

Perchè al primo incontro, la prima volta che compare un viso nuovo tutto parte da zero, tabula rasa, distesa vuota e liscia, giusto un po' di polvere volatile in superficie.
Qualunque costruzione può innalzarsi, crescere e puntare in alto, arricchirsi di volte e voli in equilibrio, tesi e saldi nello slancio del salto.
Ma poi, nel tempo tra due incontri, le corde poggiano le pietre a terra, i pali puntellano la costruzione, si tirano su delicati e quanto mai instabili ponteggi.
E la volta dopo arrivi, e ti trovi questo principio di architettura in divenire, una finestra già finita prima ancora di posare il pavimento, nessuna logica per aiutarla a stare in piedi, un'eresia rispetto ad ogni legge fisica.
Si arriva lì ciascuno da un'entrata diversa, e si riprende a costruire.
Ma tutto ora è più lento e complicato.
Ci sono già dei muri, già dei paletti, già alcune strade prefissate che diventano obbligatorie. Devi rispondere di quello che hai già creato e delle immagini che portava con sè, un mondo intero accennato e solo intuito, immaginato, edificato in una volta sola.

E in quel punto comincia a prendere corpo e spazio un pensiero strano, un dubbio strisciante... Ti chiedi se sarai in grado di corrispondere all'immagine che hai lasciato intravedere di te come fosse cosa preziosa..
E nella paura, ti chiudi in una sfera di vetro...

Ma talvolta, invece, proprio lì comincia il volo...
Ritrovi quelle stesse insicurezze, le vedi in specchio nell'altro, ti rendi conto di quanto la paura abbia afferrato entrambi, in fondo sconosciuti, e proprio per questo. Ancora tutto è in forse e in divenire, in conoscenza.
Sai che ogni parola potrebbe essere letta diversamente dall'intento, e procedi a piccoli passi, temendo di poggiare troppo il peso.
E tuttavia continui a sbilanciarti, perchè in sospeso non puoi stare.
Ti butti e vai, cercando di essere lì, ma con tutta la leggerezza che ti è possibile, cercando di far librare nell'aria parole, gesti e sguardi.
Ti butti perchè riconosci qualcosa, ti butti per non stare isolato dentro di te.
Ti butti perchè ne hai bisogno, pur non sapendo dove e come atterrerai.
E mentre parli, facendo finta di nulla, cercando di far uscire le parole in movimenti fluidi, non imposti, ti rendi conto di essere pur sempre in sospensione, in cui sei tu ma non del tutto, vagamente innaturale...
E cuore e polmoni che non lavorano in silenzio ti ricordano che ti senti in bilico, sospeso in obliquo...

spirali a vuoto

Ora scosterò le coperte, mi ci rincantuccerò sotto, lenzuola e lana fino alle orecchie, il naso fuori a respirare l'aria fresca, senza che la lana la filtri e la renda impura, melange.
Sprofondare finchè le orecchie non cominciano a comporre musica, fino al momento in cui me ne accorgerò e sarà l'ultimo istante di veglia, prima di piombare nel sonno.

Mi sento stupida, come se queste pagine non fossero più mie, ma poichè vengono direzionate ad altri sguardi improvvisamente è fatto loro obbligo di trasformarsi in versi e poesia.

Ma io non sono così

Scrivi, mantieni mano e penna in movimento, non fermarti, non curarti di quello che ne potrà venir fuori, pensieri random, a caso e alla rinfusa.

Il blog... Realtà virtuale che ha qualcosa di assurdo. Pensieri troppo privati che escono, sotto la luce troppo studiata di faretti di scena, messinscena del sè che non si accontenta di se stesso nè degli stralci di conversazione in cui è costretto ad aspettare il proprio turno. Lunghe digressioni monocentriche, ego che si espande fino ad ogni fessura e spazio libero, fino ad invadere anche i luoghi destinati all'Altro. Sogni solitari e intimità sovraesposta, soliloquio alienante che non prevede la risposta se non nell'assenza. Mi chiedo se sia il frutto di un'assenza di relazioni sentite, o se piuttosto non sia ciò che la causi...

Parole costrette a marciare a ritroso, e invece di disegnare istantanee di viaggio mi ritrovo in spirali a vuoto intorno a me.

Guizzini e pesci rossi

..fiaba della buonanotte..

Guizzino

In un angolo lontano del mare viveva una famiglia di pesciolini tutti rossi.
Solo uno era nero come una cozza. Nuotava più veloce degli altri.
Si chiamava Guizzino.
Un brutto giorno un grosso tonno, feroce e molto affamato, apparve tra le onde. In un solo boccone ingoiò tutti i pesciolini rossi.
Solo Guizzino riuscì a fuggire. Nuotò lontano. Era spaventato e si sentì solo e molto triste.
Ma il mare era pieno di sorprese e a poco a poco, nuotando fra una meraviglia e l’altra, Guizzino tornò ad essere felice.
Vide una medusa piena dei colori dell’arcobaleno; un’aragosta che si muoveva come una ruspa arrugginita; pesci misteriosi che sembravano tirati da fili invisibili; una foresta di alghe che crescevano da caramelle variopinte; un’anguilla così lunga che, a volte, si dimenticava la coda; e anemoni di mare che ondeggiavano come palme nel vento.
Ed ecco che nell’ombra degli scogli e delle alghe scoprì una famiglia di pesciolini rossi proprio come quelli del suo branco.
«Andiamo a nuotare nel sole e a vedere il mondo,» disse felice.
«Non si può,» risposero i pesciolini, «i grandi tonni ci mangerebbero».
«Ma non si può vivere così nella paura,» disse Guizzino «bisogna pur inventare qualcosa».
E Guizzino pensò, pensò a lungo. E improvvisamente disse: «Ho trovato: noi nuoteremo tutti insieme come il più grande pesce del mare».
E spiegò che dovevano nuotare tutti insieme vicini, ognuno al suo posto.
E quando ebbero imparato a nuotare vicini, disse: «Io sono l’occhio».
E nuotarono nel grande freddo del mattino e nel sole del mezzogiorno, ma uniti riuscirono a cacciare i grandi pesci cattivi.

(Leo Lionni, 1992)

sabato 20 ottobre 2007

voci

Voci che ne ricalcano altre.
Non posso fare a meno di trasformare i suoni che sento. Sono altri i timbri, altri i suoni, altri i luoghi. La tua voce che si acuisce nello slancio e quasi stona nell'impeto.
E ora non riesco a sentire queste musiche senza sovrapporre loro le tue parole, i tuoi occhi chiusi e persi in quel viaggio, la tua voce che canta e sostituisce quella che ora è nell'aria.

ladri di biciclette e cucchiaini

Giornata resa frenetica dagli spostamenti di una città che lo sciopero dilata e comprime insieme, rendendo lunghissime le distanze e convogliando per le strade così tante persone da non riuscire a muoversi, diventate folla convulsa.

Finalmente la sera, e un locale fatto di pouff bianchi e luci basse. Una scala mosaicata, pezzetti di ceramica colorata, forme irregolari e uscenti da sè, mezzo giro di spirale che modifica il tutto e trasforma il luogo, moderna improvvisazione di geometrie arabe e colori vividi.

-Confessioni di piccole manie-

... e d'un tratto, mentre con gesto da incallito e consumato approfittatore di cucchiaini altrui, reso esperto dalle innumerevoli gesta compiute, pulisci la forchettina dal miele rimasto per collocarla in borsa in un morbido e innocente, invisibile gesto distratto, vedi gli stessi movimenti ripetuti inconsapevolmente da un altro, un'altra.
Ritrovi e condividi stupide manie nel seminterrato di un pub, e ridi divertita, occhi felici e ben aperti.

E poi via, caccia al tesoro per le strade in cerca di una delle biciclette distribuite per tutta la città, tutte già prese. E una volta trovata schizzi per le strade, riconoscendo angoli e luoghi, in un principio di familiarità, su per le salite con le gambe che spingono, e senti la schiena che comincia a bagnarsi, nonstante l'aria fredda che passa attraverso la maglia di lana. Respiri l'aria umida, respiri il buio, senti l'aria fredda che entra nei polmoni e ne puoi seguire il movimento.
Non so dove sono e invento una direzione immaginata per tornare a casa, immersa nella città in notturna, in simbiosi quasi, me ne sento parte...

venerdì 19 ottobre 2007

sopra-suolo

Giornata di sciopero in Ile-de-France, e i Parigini hanno mobilitato armadi, soffitte e scantinati per tirarne fuori ogni possibile (o improbabile?) mezzo munito di ruote.
La città bloccata, gli impegni saltano, ma è viva di gente che si muove sul suolo, all'aria aperta, e si respira vita e movimento.
Persone che sfrecciano per lo più su due o quattro ruote, tra biciclette, roller e monopattini, faccia tesa e contratta nello sforzo del movimento, smorfia di fatica ma occhi diretti e lucidi.

Rue S. Michel, verso Chatelet, centro nevralgico, punto centrale di snodo e confluenza.
Un ragazzo, un uomo di trent'anni, vestiti da giornata metropolitana, maglione di lana a trama grossa, verde scuro quasi marcio, viso scurito da una barba appena lì, sfatta, la testa afferrata dalle mani di un bambino biondo appollaiato sulle sue spalle, avvinghiato con gambe e braccia, ridente, a sfrecciare dall'alto della sua postazione, a bordo della sua cavalcatura che spinge un monopattino mentre scivola veloce tra la gente.
Intanto, i raggi del sole in declino sono riflessi dalla Senna, e i colori si scaldano.

Al semaforo, assisto alla conversazione tra due gonnellini a scacchi che si salutano, medesimo tessuto. Uno si complimenta con l'altro per la nuova plissettatura, molto elegante, ma questo non capisce e se ne va, geisha indispettita dalle parole di un barbuto e biondo scandinavo...

martedì 16 ottobre 2007

viso di pietra

Chiesa di St-Eustache, sole che scalda l'erba, ancora verde ma umida d'autunno.
Guancia di pietra, il volto adagiato sulla mano, occhi bianchi e morti persi dentro al cielo uniforme e senza macchie, azzurro senza virgole.
Scalinata d'acqua affacciata su una piazza a spirale, grigio che a differenza di quello limpido della chiesa assorbe il sole, lo afferra e non lo restituisce.

E' giorno. Si vive e non si scrive.
Au Revoir.

sabato 13 ottobre 2007

desideri in bottiglia

Assenza di realtà e messaggi in bottiglia.
Messaggi in bottiglia che arriveranno a destinazione per essere rigettati nella risacca, dritti a sprofondare nal mare.

Vorrei essere un desiderio

domenica 7 ottobre 2007

amnesia di una stella mancante

Paris et la nuit blanche

Fuochi nell'aria e metallo rovente, fiamme blu.
Elettronica e piramidi in vetro, pannelli bianchi e luci pulsanti, organiche, in divenire.
Esseri metallici che pedalano tra acqua ed aria, galleggianti tra le luci.
Cinque piani di salottini al buio e in grazia decadente, luci a mezz'aria.
Piedi scalzi e chiese buie, luci blu ad attraversarle, voci sussurrate e senza fili.
Un sorriso di luna sopra al Sacre-Coeur.

venerdì 5 ottobre 2007

specchi e miraggi di sabbia

Guardo me sdoppiata allo specchio,
spalle nude e capelli intorno al viso,
scendono ad accarezzare la schiena in onde senz'ordine,
piccolo segno di ribellione che capisco solo io.
Ci guardiamo.
Ti chiedo e non mi rispondi.

Cammino per strada, testa alta ma occhi stanchi,
seccati e intorpiditi dal vento.

Miraggio di fierezza,
miraggio di sabbia scaldata dal sole
che il primo specchio fa ripiombare di nuovo a terra,
tornando polvere...

martedì 2 ottobre 2007

casa, pani-soli, e pensieri senza importanza

Un pensiero giusto prima di chiudere gli occhi, ormai sveglia, occhi stanchi ma senza sonno, le orecchie che continuano a sentire la musica già spenta. Gli occhi si chiudono, ma troppe cose da registrare per lasciarle scivolare via, domani già scomparse e dimenticate. Anche se forse potrebbe essere un bene.. Se già domani non le ricorderò più, non erano importanti...

Una boulangerie, e un pane a forma di sole che cresce a spirale.
Un pane-sole, immagine che sa di vita in esplosione, incontenibile, nutrimento frammisto a luce, distese di campi di grano giallo acceso che separa il verde intenso dell'erba sottostante dall'azzurro non velato del cielo, colori e luci così intensi da far quasi male agli occhi.
La crosta è dura, e le dita devono premere per perforarlo e sprofondare nella mollica bianca, oro esterno di grano e bianco di sole.
Le mani ne portano un pezzo alla bocca, sapore conosciuto, di casa! Un'altra forma, ma è la stessa consistenza sotto i denti, lo stesso impasto che invade la bocca.
E salendo le scale di legno e vernice bordeaux mi ritrovo a casa.
Addosso una maglia, che ancora per poco manterrà il volatile odore di casa, per cederlo subito al mio corpo, ricevendo in cambio pelle e lana, frammenti di altri luoghi.

Non le foto, non le immagini, non gli oggetti, ma odori e sapori ciò che la rendono più vicina, forse tra sensi e pensieri i più inconcreti, irriconducibili a ragione e parole, impossibili da spiegare nell'assenza, impossibili da descrivere se non facendo ricorso ad altri linguaggi, ad altri mondi ed esmisferi che non appartengono loro.

giovedì 27 settembre 2007

plenilunjo

Primo penilunjo a Paris, ma è nuvolo e la città è rivestita di un cielo grigio chiaro a chiazze, nonostante sia notte, nuvole che rimandano a terra le luci che le perforano.
Luna piena, nascosta alla vista. Strana maledizione per cui sono costretta ad osservare ogni luna piena dalle finestre, dai varchi di un luogo chiuso. E' raro che io sia fuori con plenilunio in cielo...
Triste un po' di dover aspettare altri 28 giorni per rivederla, senza sapere se il cielo me lo consentirà.

Abitudine a dormire con le finestre aperte,
tende scostate nonostante il cielo azzurro quasi fosse giorno.
Ricaricarmi di luce bianca, assorbirne le energie,
la forza e la delicatezza assieme.
Inondata.

Nuvole rosa, su cielo grigio cobalto. Una punta di indaco, quasi... E a luci spente diventa arancio.

domenica 23 settembre 2007

tempo infinito

.. butto via il tempo, pensando sia infinito ..

Paris

Bene, mi svelo, dichiaro il mio essere a Parigi, do un nome ai miei luoghi e rendo possibile riconoscerli...
E, forse, in questo modo riconoscere me.
Il diario è iniziato, e nonostante come sempre le parole rilette mi sbalzino fuori di me, ne riporto alcune, qualche traccia sparsa perchè resti anche fuori di me il primo incontro con questa città..

19 Settembre

Vento fresco e cielo azzurro, e qualche nuvola bianca sparsa, veloce, trasportata dal vento e in un istante spunta il sole, che scalda la schiena.
Notre Dame, il piazzale in fronte con intorno le siepi ben curate, invase da uccellini bramosi di cibo, piccoli e con le piume arruffate, morbide, lanuginose, a centinaia in un metro quadro.
Le viuzze ogni tanto riservano sorprese. In una traversa di Rue Saint Jaques una chiesetta inondata dal sole, pietra grigia che ogni tanto lascia spazio ai vuoti e alle punte del gotico, questa traccia di nero e quasi angoscia in mezzo alla leggerezza e al savoir faire francese.
Strano gusto per il mostruoso.
I gargoyles di Notre Dame, un drago davanti a una chiesa, fiamme dorate su lingue di metallo nero che perforano il pavimento e foglie lunghe, alghe dorate che si allungano in alto.
Contrasto strano, tra la cura, quella che sembra essere la volontà di tenere tutto sotto controllo, tutto perfetto, non una cosa fuori posto a rovinare l'armonia dell'ordine, e questi mostri che sorvegliano impassibili e feroci non si sa bene cosa. Non angeli nè santi, ma draghi e creature di pietra.
Paris sorvegliata dall'alto, sorvegliata di notte, perchè anche col buio tutto continui a essere calmo e tranquillo, senza intoppi, faccia impeccabile di fronte al mondo. Il faro della Tour Eiffel, un giro completo sopra tutta la città, ne descrive il raggio, la percorre intera fino alle periferie. Non un angolo ne resta fuori. E il secondo faro dritto dentro al cielo. Ego innalzato, dentro la notte, a ricordare di essere lì, sempre presente, sopra tutto.

20 Settembre

Metro.
Odore d'incenso e linee di violino. Odore di pane dolce, zucchero scaldato che sale nell'aria.
Musiche di Moulin Rouge perchè i turisti riconoscano la città, e trovino anche qui suoni e sapori conosciuti per non sentirsi fuori luogo, estranei.
Codici per non sentire il peso dell'Altro.
Evitare lo spaesamento.
Unico punto fermo di cui noi monadi moderne disponiamo, nuovi dèi fatti di carne macinata e bollicine..

22 Settembre

Montmartre e le Sacre Coeur. Salire le scale con un sottofondo di jambee e deejeredoo e una voce maschile, bassa.
Parigi dall'alto, tutta illuminata, e alle spalle pietra bianca.
Pietra che diventa più bianca ogni volta che piove per via di una sostanza che secerne. Notizia che da sola basta a illuminare la giornata.
Un giro per la parte alta di Montmartre, so di essere turista, di comportarmi da tale, so di averne gli stessi sguardi e movenze.
Un clochard (che fa più chic e snob insieme che dire barbone..) che ti dice convinto, in perfetto italiano, che il tuo maglione che tieni in mano è il suo. Chissà quanti ne avrà fregati!

23 Settembre

Sera a Notre Dame, di nuovo, ancora una volta bellissima, sospesa e trattenuta dalle arcate gotiche, ormeggi per trattenerla a terra, troppo leggera per non volare via. Archi slanciati in pietra che le regalano vuoti, lasciando spazio all'aria.

sabato 22 settembre 2007

pages blanches

vos mures m'angoissent comme de pages blanches

..un graffito su un muro..

giovedì 20 settembre 2007

parole per me

Mi sono resa conto di avere voglia di scrivere, di lasciare traccia di quello che vedo durante il giorno, di non perdere nell'indistinto e nell'opaco i sorrisi, le facce, i profumi dei luoghi per i quali mi trovo a passare.
Ma allo stesso tempo so di censurarmi a sapere che tutto ciò, i pensieri come le impressioni di un momento, potrebbe essere letto. Diventare io trasparente per non so chi.
E allora ho iniziato un diario cartaceo. Per me. E può essere che qualcuna delle sue pagine arrivi qui... col tempo...

martedì 18 settembre 2007

ultime immagini

16 Settembre

Occhi verdi puntati di scuro, inondati dal sole.
Sorrisi. Aperti, felici, di augurio sincero, di affetto.
Odore di pioggia, le gocce d'acqua che si vedono quando la luce dei lampioni le attraversa.
Le mura, che chiudono la città, tinte d'arancio, nette contro il cielo scuro.

..inizia il viaggio..

mercoledì 12 settembre 2007

contraddizioni

è facile essere altruisti quando non ci costa nulla

Non mi ricordo da dove viene, ogni tanto il mio cervello sputa fuori frasi e parole che rigurgita da chissà dove.
Oggi ho visto un servizio sul randagismo in un paese dell'Est, cani braccati senza pietà, collari rigidi stretti intorno al collo, sbattuti in gabbia mentre guaivano e si dimenavano, in un tentativo inutile di fuga. Gabbie metalliche, troppo strette, e in una di queste veniva infilato dall'alto un secondo cane, troppo stretta perchè potesse contenerne due, e uno era sopra all'altro, con le grida degli uomini a caccia che ne coprivano i gemiti.
Mi sono bloccata. Non riuscivo a guardare ma volevo sapere, corpo rigido e occhi fissi, immobili e impotenti che si riempivano di lacrime.
Tutte le volte che vedo scene di violenza piango, non riesco a reggerla. Divento empatica, proprio io che mi sento così distaccata da tutto, e vorrei intervenire, bloccarla, far sì che la sofferenza cessasse, basta col dolore, con le ferite. E mi metto a piangere sapendo di essere impotente, di non poter far nulla.
Con gli uomini divento più cinica, il mio sguardo è troppo da primo mondo in questo, troppo figlio della borghesia degli ultimi cent'anni. E il self-made-man prende possesso dei miei pensieri, fino a fare dire loro che quando un uomo sta male è perchè non ha agito in modo da cambiare le cose, che possiamo cambiarci la vita, è solo una questione di forza e debolezza. Ma per fortuna dopo un po' riprendo il controllo, penso a leggi causali e sistemi impossibili da abbattere, a muri così saldi che t'inchiodano dove sei, al fatto che la possibilità di scegliere e decidere esiste solo per alcuni, solo da un certo punto in poi.
E io sono nel primo mondo.
E mi rendo conto delle mie contraddizioni, della mia incoerenza.
Piango per i cani trascinati per terra e ammassati l'uno sull'altro, non riesco a reggere i loro occhi umidi rivolti in camera. Non tocco carne perchè non ci riesco, forse troppo animista in questo, quell'arcaico che resiste e che mi dice che ciò che entra a far parte di me poi mi costituisce. Come nutrirsi delle carni di un nemico valoroso equivaleva ad appropriarsi anche della sua forza, sentire sotto ai denti la consistenza e il sapore della carne mi mostra il terrore dei macelli, il sangue, la follia degli animali che sono condotti alla morte e se ne rendono conto... E non voglio che tutto ciò entri dentro di me.
Non mangio carne, cerco di uilizzare prodotti che non siano testati, che seguano guide etiche... E poi compro pelle, me ne rivesto.
Contraddizione vivente! Oggi mi sono comprata una giacca di pelle, usata, ma di pelle è. Pagata pochissimo, in negozio non ci avrei preso neanche un maglione di lana con gli stessi soldi. E per quanto mi giustifichi dicendo che non è certo morto per me, che sto semplicemente continuando ad usare qualcosa che già esisteva, qualcosa che qualcun altro ha già sfruttato ed usato a lungo, so che sono soltanto sofismi, giustificazioni. So che con quello che indosso mando un messaggio, così come per ogni cosa che faccio, ognuno di noi manifesto vivente di quello che pensa.
E ricoperta dalla mia nuova giacca di pelle mi sentirò come se fossi gli organi interni di un vitello.

martedì 11 settembre 2007

sguardi

La metropolitana ha un odore caldo, simile a quello dell'erba calda d'estate, che rimane troppo a lungo al sole e all'umidità della notte e inizia a marcire, e diffonde un sapore dolciastro.
Nonostante sia mezzogiorno non c'è molta gente, e tuttavia mi allontano dall'entrata per stare un po' con i miei pensieri, calmare l'agitazione... Mi guardo intorno, e cerco di fare attenzione alle persone che ho intorno, incontrare occhi, visi, sfumature perchè non scompaiano nella massa..
C'è un ragazzo seduto a fianco al muro, capelli lunghi e forse ricci se non fossero così annodati, un castano schiarito dal sole e barba ancora più chiara.. Mi colpiscono i suoi occhi, stanno ridendo, mentre la bocca sorride impercettibilmente. Seguo il suo sguardo e vedo una bimba che canta, seduta sulle gambe della madre.. Lei orientale, io incapace di riconoscere differenze somatiche e l'oriente diventa un tutto indistinto, il padre è poco più in là, tratti africani. La bimba è bellissima, in un miscuglio di origini che rendono il suo viso unico, irripetibile, e così mi perdo a guardarla giocare, a vederla ridere.
Rumore, aria fredda che sale e porta un odore metallico, stridio di freni.
Passi lenti e calmi, una quiete in contrasto con la gente ad occhi bassi che sgomita e si urta per entrare nel vagone.
Io mi appoggio alla parete, di fronte il ragazzo biondo, ancora il viso disteso in un sorriso. Mi guardo in giro e vedo occhi fissi nel vuoto, facce inespressive, tutti ugualmente per sé.
I due bambini si sono ritagliati uno spazio colorato e continuano a giocare, e io non so se siano più belli loro o gli occhi del ragazzo che sta di fronte a me, persi e felici. Ogni tanto ci guardiamo, felici di incontrare un'altra persona rallegrata da quel pezzetto di mondo.
Scendono, e pochi minuti dopo scende anche lui. Nessuna parola, nessun saluto, ma attraverso i vetri graffiati e lerci del vagone, sotto il sole e a bocca chiusa mi regala un sorriso e occhi che brillano.
Le porte si chiudono di scatto e riprende il viaggio.
Io mi sento cullata, il respiro lungo e profondo.
Sorrido...

giovedì 6 settembre 2007

linee

Finalmente la mia stilo! Domani la vado a prendere, è arrivata! quella nuova..
Ad aprile me l'hanno rubata in portineria di facoltà (!) dopo due anni che mi accompagnava, tra appunti, immagini, lettere..

Era fedelissima, inchiostro fluido e morbido sulla carta, una linea nera che non raschiava ma si srotolava e si allungava senza strappi.
Ogni tanto faccio la prova di ribaltare il foglio su cui scrivo, per perdere il senso delle parole e vedere solo tracce nere
(come l'esercizio per imparare zittire l'emisfero sinistro ribaltando un disegno, fino a perderne il contenuto e vedere solo forme e colori).
Scrivere come disegnare, in linee che s'inseguano e compongano arabeschi.

Ho bisogno di cambiare calligrafia, cambiamento in arrivo...
La "G" maiuscola non mi piace più, è troppo spigolosa. E ho dei seri problemi anche con la "Y": è difficile riunire in un tratto unico una biforcazione..
Mi sembra di volermi imprimere nelle linee, di volermi rivedere nella scrittura che uso, e allora la plasmo e la reinvento ogni volta che mi sento inquieta e ho bisogno di cambiare.
..sorta di specchio del mondo, di come vorrei vederlo e me con lui..

Linee che si rincorrono e s'intersecano,
mantenendo un'armonia di forme.
Linee morbide, slanciate verso l'alto, leggere e aeree, senza fine

sabato 1 settembre 2007

settembre

ci siamo.
Agosto è finito e settembre significa partenza.
Meno 10.

Già da una settimana il respiro si è fatto più corto, a salti e scatti, come un disco troppo segnato su cui la puntina ogni tanto impazzisce e salta un giro, il battere continuo e basso. Il cuore ha ricominciato ad andare più veloce, ma non è un correre di eccitazione, ma un rimbombo, un colpo scostante e sordo, pesante.
E pesanti diventano anche i pensieri, chiusi in circoli strani che non riesco neanche a concretizzare, non li seguo. Sento che tornano e si snodano di continuo, che ricorrono e s'inseguono, ma sono così inconcreti che sono solo nuvole di vapore che si scontrano e gocciolano a terra e lì ristagnano e non penetrano.
Ancora pochi giorni e via di nuovo... E mi sembra di stare sprecando questi pochi giorni rimasti. Ma è come non volessi concretizzare, e continuare a lasciar passare i giorni mi fa credere di avere ancora chissà quanto tempo davanti.

E non riesco a capire se parto o fuggo... di nuovo...

lunedì 20 agosto 2007

faccio finta di nulla

Mi sento svuotata, il petto pesante, lo sterno contratto e la pelle che rabbrividisce... Sospesa...

Incontro fantasmi, persone che irrompono dal passato d'improvviso... E io che vorrei in questo momento rimanessero fantasmi... Temo l'incontro, temo me stessa, temo te... Come fare a sostenere il tuo sguardo e la tua voce, come fare a staccarmi poi da te.. Come accettare che dopo poche ore sparirai di nuovo dalla mia vita... Paura di non trovare le parole giuste... E quanto vorrei potermi mostrare a te serena e felice, sguardo limpido, un sorriso...

Sospesa perchè ho bloccato spazio e tempo, ho bloccato me stessa in una bolla di vetro sospesa in aria, per non pensare, per non credere, per non ferirmi.
Faccio finta di nulla, lascio che il tempo segua...
Mi convinco che non ti credo e vado avanti, come se tu non fossi mai apparso. Desiderio di consegnare il passato al passato, di non continuare a viverlo ogni giorno.
Desiderio di ricostruirmi, al di là di te...

domenica 19 agosto 2007

date

..maledette date..
Perchè devono sempre rendere tutto così difficile! Tu sei lì che ti stai facendo i fatti tuoi e loro compaiono lì, belle innocenti, e come nulla fosse e noncuranti ti sbattono in faccia il passato... E ho appena scoperto che oggi è il 19 agosto...
Sembra passata una vita.. E io sono oscura volontariamente, perchè non voglio far capire, e mi basta sapere... Non voglio ritrovarmi il passato così, sbattuto di punto in bianco all'inizio...
Sembra passata una vita, e forse è davvero così... altri luoghi, altre persone, altri pensieri e altri suoni..
Un'altra me, decisamente.
Viaggio.
Di notte attraversare il mare, totalmente incosciente su quello che sarebbe successo, attraverso strade e paesi inghiottiti dal buio e luci arancioni che davano un ritmo alla notte... Fino alle luci dell'alba ai margini della città, a incontrare un sorriso da gatto del cheshire, quando ancora estranei si indovinavano ma non si conoscevano...
Mi manchi

... ecco, si parte ...

..ma perchè poi un blog? perchè a questo punto non un diario, un pezzo di carta, un libro su cui scarabocchiare impressioni, disegnare immagini? Sono indecisa se sia per la paura del foglio bianco che ogni volta m'impedisce di cominciare, mentre questo rende tutto più fluido, senza vincoli, oppure se sia per la voglia, il desiderio di far uscire tutti i pensieri dalla mia testa, regalare loro la possibilità, sia pur remota, di essere forse letti una volta... Vista la mia tendenza a pensare come scrivessi, a scrivere lettere immaginarie a chi mi circonda, ecco che finalmente prendono corpo, ecco le parole che sgorgano ed escono, anche senza arrivare. E forse proprio per questo.

Non voglio darmi vincoli nè limiti o scadenze, lasciarmi libera di essere e scrivere... Per qualunque cosa ne verrà... (e questo lo scrivo a me, per ricordarmelo..)

.. e per la prima volta direi che può bastare ..