venerdì 28 dicembre 2007

bianco di nebbia zucchero e farina

Città imbevuta di nebbia,
bianco nell'aria a inghiottire ogni cosa,
per le strade solo sagome un po' irreali
e il freddo fa piangere gli occhi.
Farina e zucchero che mischiano i loro odori
nel calore del fuoco
e un fumo dolce ti avvolge.

..è un bel buonGiorno..


giovedì 27 dicembre 2007

Dedalo e le Parche

Destino intessuto nelle carni.
Fili ad annodare insieme i muscoli,
connettere, tendere e flettere ogni organo,
dalle viscere calde alla pelle che si contrae e rabbrividisce all'aria.
Fluido a scorrere inerte,
inutile riserva in movimento per una macchina spenta.
Occhi incavati e fissi al vuoto,
chiazze bianco sporco che non riflettono nulla.

Per quanto tu possa cambiare, non puoi sottrarti a te.
E certi colori ti appartengono come un destino.

mercoledì 26 dicembre 2007

solamente stanca

So di avere il viso piegato in una contrazione obliqua e triste, quasi da lacrime se non avessi gli occhi così secchi e spenti.
No, non piango. Né ho lacrime per me. Un'asciutta e cinica disillusione m'impedisce la dolcezza di un pianto, la carezza delle lacrime calde sulle guance. Il mio viso rimarrà secco.
Ascolto note familiari per riappropriarmi di momenti felici. E forse questo riesce a inumidirmi gli occhi, nel contrasto con questi giorni così incerti, così pesantemente tristi.
Ho voglia di leggerezza e volar via, che tutto fosse libero e librante in aria.
Parole leggere e dolci che mi sfiorino e carezzino, che mi dicano che va tutto bene. Essere semplicemente abbracciata, potermi distendere su un giaciglio sentendomi avvolta nel tepore di un sorriso, occhi dolci a cullarmi.
E invece ogni volta a lottare perchè le cose funzionino. Neanche. Che per lo meno non si scontrino.
Vulnerabile.
Non capisco perchè mi basti una sola parola per passare da una felicità assoluta a pensieri che collassano su se stessi, vortici scuri che non lasciano alcun luogo di tregua in cui potersi fermare e rincattucciare a sorridere dolcemente.
Stanca, e tristezza a velarmi gli occhi.

sabato 22 dicembre 2007

viaggio

Ho come l'impressione che ogni mio cambiamento significativo
sia legato a un viaggio, ad uno spostamento.
Sì, è banale da dire, ma il fatto è che non è il viaggio in sè
a causare il cambiamento, ma è l'inverso.
E' il mio mutare stato a portare con sè il viaggio, a pianificarlo.
Io a muovermi per seguire luoghi e persone che voglio raggiungere.
Non è questa la prima volta, non sarà l'ultima.

Un sole rosso magenta a splendere nell'aria.
Un'alba sui campi neri,
rivestiti di brina sui primi lievi steli verde acqua,
quasi riflettenti il cielo.

Al tempo stesso estraniata e totalmente in me, resto in attesa, vigile,
ma con quella tensione che riassorbe i pensieri in sè,
vapor acqueo che confonde contorni e confini,
frammistando cose e pensieri
in un'inconcretezza che rifiuta ogni sentiero logico,
almeno coerente.

Cuore veloce e respiro che ogni tanto s'interrompe
per recuperare maggior aria.
Brividi freddi e bocca aperta a respirare
mentre spaziotempo vanno a scomparire.

giovedì 6 dicembre 2007

pioggia grigia

Scrivere dev'essere un'urgenza, un moto improrogabile.
Scrivere tanto per mantener fede all'impegno preso è cosa sterile.

Tanti motivi per l'assenza.
E ora i pensieri sono cupi, hanno bisogno di trovar modo di uscire.
Pensieri che non voglio affrontare.
Rifletto di paure e angosce, solitudini e egoismi.
Penso il mio donarmi talvolta troppo, gettarmi a capofitto
senza riserve in quegli altri che accolgo nel mio cerchio, in me.
E non vi voglio nominare, che nella mia testa siete pure immagini, e qui non voglio concedervi diritto d'asilo col nome, e in tal modo posso trasformarvi in ombre, e restar sola con me.
Spazio dedicato a me. A me soltanto.
E da qui procedo a ritroso, non capendo perchè i pensieri si siano incanalati in questo labirinto discendente, sempre più scuro,
doloroso e conficcato in cuore.

Voglio un giorno di pioggia per domani.
Voglio un giorno di pioggia per non detestare il sole.
Se ci sarai, sole, mi sentirò sdoppiata,
slabbrata e dilaniata, contorta e fuor di me.
Ti odierò, sole, se ci sarai.
Oggi è incoscienza ancora, per l'ultimo attimo.
Per domani voglio gocce di pioggia per scontrarmi con la realtà.
Solo io e il cielo furente a investirmi.
Che se sarò felice nessun temporale potrà scurirmi il viso,
godrò di ogni singola goccia d'acqua che arriverà a bagnarmi,
a penetrarmi nella pelle.
Mi metterò a correre incurante dell'acqua,
bagnandomi di mondo, felicità assoluta.
Ma se sarò triste voglio un cielo grigio a schiacciarmi a terra,
che non mi faccia rialzare il corpo dall'asfalto,
una guancia a toccare il suolo freddo e duro.

Voglio un sonno pesante e senza sogni. E parole che mi scaldino.

Non voglio credere in nulla.
Non oggi.

mercoledì 5 dicembre 2007

soggetto in disegno

Il disegno - non dei tratti confusi, ma l'unità di una figura - non è ciò che guida fin dall'inizio il percorso di una vita, bensì è ciò che tale vita si lascia dietro, senza poterlo mai prevedere e neanche immaginare. ... L'unità figurale del disegno, il significato unitario della storia, può essere posta, da chi la vive, solo in forma di interrogazione. O, forse, di desiderio.

Esponibile e insieme narrabile, l'esistente si costituisce sempre nella relazione all'altro. Con tutta l'inimitabile sapienza di un sapore familiare, sa di essere un'unicità irripetibile, ma non sa chi è, chi espone. Sa di essere un'identità narrabile, ma sa anche che solo un altro può emendare la fallacia dell'impulso autobiografico.

Chi cammina sul terreno non può vedere la figura che i suoi passi lasciano dietro, gli è necessaria un'altra prospettiva.

Sembra ignorare di desiderare il qui e ora il racconto della propria storia. Per questo, davanti all'inatteso realizzarsi del suo desiderio di narrazione, piange. Il racconto gli ha infatti svelato, all'un tempo, la sua identità narrabile e il suo desiderio di sentirla narrare. Ora egli sa chi è, sa chi esponeva nell'agire.


Lunga lunga parentesi non mia, per sfruttare parole che puntano luce sui pensieri e rendono limpidi quelli che nella mia testa sono solo degli abbozzi un poco opachi, intuizioni che non hanno un retroterra solido su cui fondarsi, rischiando di restare immagini sospese.

Pochi pensieri sparsi, commenti forse inutili e superflui...

Parole che mi mostrano lucidamente la mia ricerca dell'altro, dell'altra
[l'uso del soggetto doppio, incarnato, in questo momento è d'obbligo]
nella convinzione che
l'esistente si costituisce sempre nella relazione all'altro.
Cercare gli altri per poter avere quella pluralità di orizzonti
che consente di osservare te stesso, te con gli altri, il mondo intero,
staccandoti da quella eccessiva vicinanza
che rendeva impossibile vedere le cose, troppo a contatto.

Estraniamento.
Uscir da sè, per poterci tornare
nella visione che solo la distanza consente.

Dopodichè...
Risposta pseudofilosofeggiante al perchè scrivere in un blog:
risposta aulica ad un bisogno di autoesposizione,
o ad un più mero impulso di esibizionismo!
Far uscire i pensieri da me, il mio sentire;
comunicare quel che mi capita, che penso, vivo,
seppur in un principio che è di soliloquio, di solipsismo del sè.
Un modo tra i tanti per stabilire contatti,
intessere e intrecciare storie e relazioni insieme.

Desiderio di autonarrazione
che nelle vostre letture, nei vostri sguardi,
nelle vostre parole di risposta o silenziose mi riporta a me,
mi regala la mia storia di vita.


spero di poter fare altrettanto..


[A. Cavarero, H. Arendt, E. Bloch]