venerdì 21 novembre 2008

scorze vuote e ladre d'occhi

Vorrei spogliarmi, togliermi la pelle come un vestito, appenderla a fianco al letto come scorza vuota e al mattino non trovarla più. Pelle lasciata a seccare all'aria, finchè non diventerà talmente fragile da sbriciolarsi al primo tocco. Forse allora potrò cercarmene un'altra.
Cambiar pelle, trovarmi domattina a guardare la mia vecchia buccia ormai inutile rimasta in uno sguardo, forse una punta di nostalgia, ma non più che quella.
La vista è morta, è solo il tatto che rende vivi.
Contemplo e muoio allo stesso tempo, senza sapere entrare nel mondo.
Colombe, avvicinatevi e rubatemi gli occhi, a me non servono, è bene che impari altri modi di toccare le cose. Streghe, serbateli in mezzo al mucchio, nel fondo della caverna. Magari un giorno tornerò da voi, per pregarvi di ridarmeli. Allora, solo allora però, esaudite il mio desiderio. Voi in fondo non ve ne fate nulla, e io la strada per arrivare a voi sono riuscita a trovarla anche senza di loro. Potrete ridarmeli allora.

Potessi davvero togliermela stanotte questa buccia usata, e lasciarla appesa vuota all'aria. Non mi serve la pelle per dormire, e i sogni mi attraversano comunque.

giovedì 20 novembre 2008

filo da imbastire

Vertigine al contrario, che non so guardare in alto,
ho perso il tempo del mio respiro.
Scivolo tra giorni irrimediabilmente uguali e bianchi,
tendendo teli e cucendo cuscini per non imbastire la mia storia.
Resto chiusa dentro, nella mia non trama tracciata in fili di cotone senza forza.
E' un abbozzo, solo un'idea, fibre fragili senza un perchè.
Schiacciata dal mio stesso peso intreccio nonsense,
mi rigiro e guardo al buio, senza rumori.
Mi lego sospesa sopra di me, guardandomi dall'alto.
E smetto di sentire.

lunedì 17 novembre 2008

di sorrisi e spilli

Sfocata, ignoro pensieri e parole che non voglio dispiegare, li guardo da fuori, solo la superficie. Non voglio sapere cosa ci sia dietro, o dentro.
Vuota, secca, ogni goccia che potevo trattenere è scivolata via. Rosa di Jericho senz'acqua, nè piovana nè di nebbia, non ho più fiori da far sbocciare.
Arida di terra d'Africa si rompono crepe, la pelle si tende e taglia, si lacera di nuovo, come ogni volta che non so prendermi cura di me.
Storie che porto solcate sulla pelle, incise a vivo, da dover raccontare ogni volta da capo. Gioco perverso che il mio corpo porta avanti, rompendosi ogni volta che si sente lacero.
Ci sono passati di cui non ci si può liberare.
Ma si può fare di meglio. Ce li si può incidere addosso.


bambola voodoo,
con gli spilli in una mano e un sorriso nell'altra.
scegli tu cosa prendere.

giovedì 13 novembre 2008

bianco sgualcito

Questa città è senz'aria.
Non è che sia soffocante, semplicemente non ce n'è, è vuota, gli spazi non sono riempiti da nulla e anche il tempo è come sospeso. C'è un unico colore che si spande tra le cose, un vuoto che prende consistenza, grigio sporco, chiaro, strati di bianco sgualcito che si riversano per terra.
E' come una boccia di vetro, di quelle da capovolgere per far nevicare. Solo che si sono dimenticati i pezzettini bianchi e rimaniamo noi in apnea, fingendo di nuotare con costumi colorati.
Ho inghiottito troppa acqua, non ricordo più come si fa a parlare.
Parole atrofizzate in gola, ho dimenticato tutto, e anche le storie sono finite, non c'è più da raccontare.
Non c'è nulla da cui partire, e forse anch'io sono diventata il cielo di questa città, distesa senza segni fino alla fine del mondo, immoto, senza pensieri. Cielo che a volte si condensa e cade a terra, raso al suolo in un respiro bianco opaco, spuma d'acqua sospesa sul verde dell'erba, mare calmo che oscilla lento tra un bastione e l'altro, scogliere fatte di mattoni rossi.
Divento nebbia, ogni giorno un poco in più, nascondendo il mondo senza crearne un altro che ne prenda il posto. Soffi d'aria, sbuffi che si disperdono senza peso nè colore, dissolti nel tempo di un respiro.
Dimentico. E divento nebbia.
Mi giro intorno a braccia aperte ed aria fredda. Il mondo finisce qui, nel cerchio tracciato dalle dita.

mercoledì 5 novembre 2008

a testa in giù

sono il folle appeso di sbieco al filo
guardando il mondo al contrario
senza saper raddrizzare gli occhi
per rimettere a posto le nuvole

martedì 4 novembre 2008

trame e orditi

è un arazzo strano quello che intrecciamo.
mi trattengo, sto in silenzio
le mie parole da ricamare al telo
sparpagliate sul tavolo
come perline appena comprate.
ma non c'è più il telaio
e i fili cadono e si annodano
con la spola incerta tra le dita
l'ordito ucciso a terra, nessuno spazio per passare.
le mie parole cadono tra i tuoi silenzi
senza toccarti.