sabato 31 maggio 2008

torture d'oriente

Giochi al massacro.
Portarsi allo stremo per cominciare da capo
senza darsi tregua, senza tempo per respirare.
Restare incantati da biglie venate che rotolano sulla sabbia
non riuscire a staccarsene, unico pensiero a colmare
restando così, sbattuti a terra a sentire il moto della marea
un unico senso che vive e pulsa, gli altri ormai obliati.
Gridare e gemere e godere e soffrire di quel contatto
preludio di sinfonia muta
per restare in sospeso senza fine
per quel tocco per cui ti venderesti ad ogni demone e dio.

venerdì 30 maggio 2008

a fondo

ho bisogno di Voci a carezzare
voglio Mani che sanno parlare
Occhi da guardare
fissi, dentro
che non si abbassano
Contatti stretti, Pelle su Pelle
Strette feroci come abbracci d'addio
il Tuo Abbraccio
per attraversare la Mia Pelle
e trovarmi dentro me, come a casa

martedì 20 maggio 2008

castelli di carte

tip-tap, tip-tap..
Passi in punta di piedi, ticchettii sulla terra non voluti, ricercando un silenzio nascosto.
Entri nel tuo castello di carte e di colpo ti rendi conto di quanto il sole le abbia ingiallite. Sono opache ora, i colori smorti si confondono uno nell'altro, sfumature di un indefinito indistinto.
E dire che ne eri così orgogliosa... Spesso, di nascosto, quando era silenzio e tutti dormivano o erano indaffarati nelle loro vite, tornavi a fargli visita. Ti arrampicavi sui suoi triangoli scoscesi e le geometrie crescenti offrivano nuovi giochi e viste da ogni punto, scoprivi disegni che al primo sguardo, troppo veloce, troppo fugace, si erano persi nel gioco, nell'attenzione di porre le carte una sull'altra.
Ma ora un semplice spostare il peso rischia che l'intera costruzione precipiti su se stessa. Fai un passo e già questo minimo movimento senti potrebbe essere fatale. Tutto è instabile, senti già come trema, e ferma, immobile, non osi un passo, non respiri, che ora anche solo un soffio sarebbe di troppo.
E allora esci, piano piano scali la tua costruzione all'incontrario, cercando di non portare via con te troppi pezzi. Giù, a terra, la guardi dal basso, e vedi i segni del tempo, la carta che ai bordi già si piega e si separa, rughe taglienti. Non ci credi, non ancora, che sia bastato così poco a rendere tutto così estraneo, già così lontano.
Ti allontani. Un po' perchè è triste questo spettacolo, te lo ricordavi così colorato quando ti rapiva i pensieri in un sorriso. E ora il sole ha cotto il tempo portandoselo via e non vuoi vedere come tutto sia già invecchiato, forse irrimediabilmente andato.
Lo lasci lì, scheletro vuoto di quel che fu, di quel che è stato, di quel che avrebbe potuto essere in un altro spaziotempo. E come una conchiglia vuota resta lì a farsi riempire dal rumore del mare.
Ora è da lontano che lo vedi, inconcreto, irreale, non riesci più a metterlo a fuoco, vederlo nitido. Quasi rimpiangi quel colpo di dita che non gli hai dato perchè ti regalasse un ultimo sfarfallio di foglie secche dalle venature fragili. Ma forse non cambierebbe molto. Resta come involucro abbandonato, vuoto, volerlo distruggere del tutto non avrebbe senso. Che non ha più vita già lo sai dentro di te, il resto è superfluo.
Un'ultima occhiata per scorgere un gioco di luci ancora, ma è solo un riflesso del sole calante. Resta, solo, un guscio vuoto risucchiato da un tempo silenzioso che passa e porta via.

sabato 17 maggio 2008

a volte le gocce di pioggia non fanno rumore

piccole dosi di contatto umano

poche, brevi, già finite, già troppe, forse finte, forse solo recitate
ma di più non è possibile

silenzio

imposto, voluto, negato, odiato, cercato, amato
in ogni caso non c'è altro

non sono altro

domenica 11 maggio 2008

nuit noire

labbra a sangue vivo
scarnificate
dalle dita che seviziano
orgasmi privati
viso tirato a digrignare i denti
cercando un sorriso che non viene
dolcezza senza diritto d'esistenza
sottoporsi a ogni tortura
prove di solitudine
per slabbrarsi
sottomettersi
peccato aver così paura del dolore
peccato a volte non volersi così male
pareti troppo bianche
faccia vivisezionata
cercando dettagli da non sopprimere
da sopportare
un cerino incendia il vuoto
per un attimo
e torna il freddo
comignoli
silhouette nere appollaiate sui tetti
a beffarsene un sorriso di cheshire
sospeso in aria
oblio triste
un vuoto troppo affollato
fumo a bruciare in gola
alcol ad annebbiare pensieri
requiem
parole ricacciate in fondo a quel silenzio inutile che gli appartiene
alba
ma non è rinascita
chiude un giorno e ne inizia un altro
sole
sola
addormentarsi e svegliarsi sola

giovedì 1 maggio 2008

mi fai ridere, gatto...

Gli occhi vagano, incontrano quella copertina rovinata, ricoperta di polvere, nascosta alla vista perchè solo io possa rendermi conto che c'è, e solo quando voglio. Poche pagine, bianco e nero, e spunta un sorriso, strappato a forza attraverso coccole e abbracci, fusa continue.
Gatto, mi fai ridere.
Sì, ti faccio ridere, ci provo. Di tutto per farti spuntare un sorriso e piegare gli occhi all'insù.
Chiudo le pagine come i pensieri.