sabato 28 novembre 2009

non so fare silenzio. mi senti?

Ti voglio bene

Parole troppo abusate.
Perchè il bisogno di specificare?

Il mio tono di voce già te lo dice, e le mie attenzioni.
Per te (o con te?) tiro fuori il mio tono migliore, quello che sa di sole e margherite a marzo, e ti faccio ridere. Voglio che tutto il tuo viso si distenda e continui a sorridere, fino alle orecchie. Per te dipingo il mondo a colori di cera.


Rewind
E il film torna indietro.
Tornando dal mare una volta mi hai detto che ti piaceva che mi addormentassi. A te piaceva guidare in silenzio, io mi accoccolavo sul sedile e il sobbalzare della macchina mi cullava subito, crollavo addormentata. E' che ti dava sicurezza, vero? Quel senso di forza buona che viene quando senti che qualcuno ti si sta affidando, che non teme nulla e allora può sprofondare nel sonno sapendo che a fianco c'è qualcuno che veglia.

Stop
E ora ti immagino nelle strade strette su e giù tra la città e il mare, e ti vedo scorrere gli ulivi intorno riflessi nelle pupille nere, nell'iride così mischiata che a volte non saprei dire di che colore hai gli occhi.
Chissà se piove anche lì, oppure se sopra di te hai un cielo a stelle. Lì dovresti vederle bene, la città con le sue luci è lontana ormai.

Cambio piano
Stavolta la pioggia è qualcosa a cui dare il benvenuto, nonostante le manopole della bicicletta piene d'acqua e le cosce ancora fredde, che d'acqua si sono impregnate, la parte del corpo più esposta. Peccato gli occhi, che non possono immergersi nelle gocce e sono costretti a guardare a terra. E' pioggia che fa bene questa, lava il viso come una carezza.


Parole sbagliate

parole come catene . parole-verità da non dire . parole stucchevoli come rose a macerare . parole legacci . parole insicure . parole che parlano di parole mancate

Parole di troppo


Parole ripetute a colmare silenzi e vuoti, a trasformarsi in echi per sentirsi meno soli.
Parole forse per dire ciò che si vorrebbe sentire.


Ti voglio bene
Certe cose dovrebbero rimanere implicite, semplicemente sentite.

mercoledì 25 novembre 2009

pianti sbagliati

I dolori piccoli non riescono a uscire da soli, come se avessero bisogno che uno strofinaccio bagnato si andasse a intingere in loro. Così, scorrendo su per le fibre, anche quel piccolo rumore sordo che non si capisce bene inizia a stillare, goccia dopo goccia, finchè tutta la stoffa non ne è tinta. Allora può cominciare a finire a terra.


Nervosamente, all'inizio è il ticchettio di un piede che tamburella a terra, perchè il corpo trema e non sa dove far uscire tutto. O come. Poi le gocce cadono ovattate sui vestiti, piccoli aloni scuri che si allargano subito. E finalmente i due dolori si uniscono.

Sono a un funerale piangendo il morto sbagliato, urlando dentro per chi non lo è ancora, non per qualche ora, qualche giorno forse...

Piango per la me bambina che vede portarsi via il primo e più caro idolo, che vedermi addosso il suo sorriso mi faceva brillare gli occhi. Me piccola a scorrazzare per il gompa dal parquet di legno chiaro, i cuscini bassi quadrati color magenta e ocra. Cavalieri delle stelle, così noi piccolini eravamo stati chiamati, nella richiesta di sorvegliare la foresta, di guardare su di essa. Alle maglie avevamo appuntato un cielo fatto di nuvole e stelle.

Piango più per chi c'è ancora che per chi stamattina si è trovato addosso la terra smossa fradicia di nebbia, sotto un cielo che non concede sole.
Ma per chi non c'è mai stato le lacrime non riescono a scendere.

Restano ricordi senza voci con cui visitarli, e già si sbiadiscono. Non ho una voce da ricordare, o una parola per tirarla fuori da un archivio che già sembra diventato troppo vecchio.

Due pezzi di storia lì per andar via, morti mischiate e un dolore piccolo che si appoggia all'altro, e cava il fiato e uccide gli occhi.

E una volta di più le cose non succedono senza riti a trattenerle. Scivolano via, come un respiro.