mercoledì 25 novembre 2009

pianti sbagliati

I dolori piccoli non riescono a uscire da soli, come se avessero bisogno che uno strofinaccio bagnato si andasse a intingere in loro. Così, scorrendo su per le fibre, anche quel piccolo rumore sordo che non si capisce bene inizia a stillare, goccia dopo goccia, finchè tutta la stoffa non ne è tinta. Allora può cominciare a finire a terra.


Nervosamente, all'inizio è il ticchettio di un piede che tamburella a terra, perchè il corpo trema e non sa dove far uscire tutto. O come. Poi le gocce cadono ovattate sui vestiti, piccoli aloni scuri che si allargano subito. E finalmente i due dolori si uniscono.

Sono a un funerale piangendo il morto sbagliato, urlando dentro per chi non lo è ancora, non per qualche ora, qualche giorno forse...

Piango per la me bambina che vede portarsi via il primo e più caro idolo, che vedermi addosso il suo sorriso mi faceva brillare gli occhi. Me piccola a scorrazzare per il gompa dal parquet di legno chiaro, i cuscini bassi quadrati color magenta e ocra. Cavalieri delle stelle, così noi piccolini eravamo stati chiamati, nella richiesta di sorvegliare la foresta, di guardare su di essa. Alle maglie avevamo appuntato un cielo fatto di nuvole e stelle.

Piango più per chi c'è ancora che per chi stamattina si è trovato addosso la terra smossa fradicia di nebbia, sotto un cielo che non concede sole.
Ma per chi non c'è mai stato le lacrime non riescono a scendere.

Restano ricordi senza voci con cui visitarli, e già si sbiadiscono. Non ho una voce da ricordare, o una parola per tirarla fuori da un archivio che già sembra diventato troppo vecchio.

Due pezzi di storia lì per andar via, morti mischiate e un dolore piccolo che si appoggia all'altro, e cava il fiato e uccide gli occhi.

E una volta di più le cose non succedono senza riti a trattenerle. Scivolano via, come un respiro.

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