domenica 21 ottobre 2007

sospesa in obliquo

Non ho problemi a conoscere una persona, a mettermi in gioco, aprire pensieri sensi e sentire, so che non ho nulla da perdere e tutto da scoprire e assorbire, nuovi mondi che mi si presentano davanti.
Ma nel reincontro frano miseramente....

Perchè al primo incontro, la prima volta che compare un viso nuovo tutto parte da zero, tabula rasa, distesa vuota e liscia, giusto un po' di polvere volatile in superficie.
Qualunque costruzione può innalzarsi, crescere e puntare in alto, arricchirsi di volte e voli in equilibrio, tesi e saldi nello slancio del salto.
Ma poi, nel tempo tra due incontri, le corde poggiano le pietre a terra, i pali puntellano la costruzione, si tirano su delicati e quanto mai instabili ponteggi.
E la volta dopo arrivi, e ti trovi questo principio di architettura in divenire, una finestra già finita prima ancora di posare il pavimento, nessuna logica per aiutarla a stare in piedi, un'eresia rispetto ad ogni legge fisica.
Si arriva lì ciascuno da un'entrata diversa, e si riprende a costruire.
Ma tutto ora è più lento e complicato.
Ci sono già dei muri, già dei paletti, già alcune strade prefissate che diventano obbligatorie. Devi rispondere di quello che hai già creato e delle immagini che portava con sè, un mondo intero accennato e solo intuito, immaginato, edificato in una volta sola.

E in quel punto comincia a prendere corpo e spazio un pensiero strano, un dubbio strisciante... Ti chiedi se sarai in grado di corrispondere all'immagine che hai lasciato intravedere di te come fosse cosa preziosa..
E nella paura, ti chiudi in una sfera di vetro...

Ma talvolta, invece, proprio lì comincia il volo...
Ritrovi quelle stesse insicurezze, le vedi in specchio nell'altro, ti rendi conto di quanto la paura abbia afferrato entrambi, in fondo sconosciuti, e proprio per questo. Ancora tutto è in forse e in divenire, in conoscenza.
Sai che ogni parola potrebbe essere letta diversamente dall'intento, e procedi a piccoli passi, temendo di poggiare troppo il peso.
E tuttavia continui a sbilanciarti, perchè in sospeso non puoi stare.
Ti butti e vai, cercando di essere lì, ma con tutta la leggerezza che ti è possibile, cercando di far librare nell'aria parole, gesti e sguardi.
Ti butti perchè riconosci qualcosa, ti butti per non stare isolato dentro di te.
Ti butti perchè ne hai bisogno, pur non sapendo dove e come atterrerai.
E mentre parli, facendo finta di nulla, cercando di far uscire le parole in movimenti fluidi, non imposti, ti rendi conto di essere pur sempre in sospensione, in cui sei tu ma non del tutto, vagamente innaturale...
E cuore e polmoni che non lavorano in silenzio ti ricordano che ti senti in bilico, sospeso in obliquo...

1 commento:

ni ha detto...

Si arriva lì ciascuno da un'entrata diversa, e si riprende a costruire

Bellissimo, però talvolta può capitare che l'ingresso sia quasi lo stesso, oppure che ci si guardi negli occhi una volta entrati e anzichè costruire ci si sieda sul tappeto per ridere di gusto o donarsi una scintilla di calore... ed allora magari il tappeto si scopre incantato e ci si trova a volare in edifici più affini, come le nuvole!


... Buttarsi...
Sì, ne vale la pena! perché nel mettersi in gioco si fanno brillare i nostri occhi di una luce speciale. Una luce per cui vale la pena rischiare sempre.


Ma magari tu parli di paure specifiche... e sono altre inquietudini...