giovedì 19 giugno 2008

spighe di grano

... e nonostante la grazia di certi luoghi si tratta di una bellezza grigia e inerte, nulla a che fare col respiro vitale che t'invade non appena esci dalla sua frenesia incontrollata, ogni spostamento un viaggio da pianificare.
Il fiume che si snoda senza condizionamenti, un cielo che si espande lasciando corso alle nuvole di condensarsi e scurire cupe il mondo per poi fuggire in sbuffi bianchi, luce chiara a filtrare sotto un cielo senza fine poggiato sui filari degli alberi.
Smette di piovere, e con la pioggia abbandono anche la scalinata di pietra di Auvers, grigio cupo lisciato dal tempo e riflettente luce, una terra finalmente senza asfalto, campi a tuttotondo intorno a noi.
Un mare di grano con le sue onde ad andare e venire, le spighe che si alzano fiere nel cielo, spuma bianca a brillare del sole opaco sul giallo cupo sottostante. Poi un raggio, improvviso, luce in cui i chicchi chiari diventano bianchi, le punte delle spighe oscillano e si piegano all'aria, il vento gioca e scompiglia le forme facendo apparire e scomparire a tratti graminacee dal colore violaceo, steli lunghi e rigidi dalle foglie stellate tra un verde e un rosso cupi uniti a sfumare uno nell'altro, papaveri dal rosso avido che afferra e scompare reinghiottito dal fluire del grano.
Filamenti lunghi a entrare nell'aria, non sapendo se sia il vento a sfiorare il campo o le spighe a carezzare il cielo, grigio scuro ma non cupo, fatto di nuvole piene, gravide di pioggia densa ma lontane, non pesanti e bloccate dal loro stesso peso ma galleggianti in aria, leggere nonostante l'acqua sospesa e trattenuta in cielo.
Soffio d'aria a intessere forme, un fluire di tempo che salta, senza ritmo, che filtra l'aria e ne scompone i pieni. Vorrei buttarmi e sentirmi sospesa, le spighe a sostenermi un attimo prima di affondare, il grano intorno e i chicchi ancora acerbi a punteggiare il cielo, il calore del sole chè già comincia a bruciare i colori, una terra compatta e scura, umida nel suo far respirare il suolo.
Sdraiata a respirare grano. Sdraiata a diventare grano, cercar grano. Scorgere stralisco... Lucciola o grano? Forse solo bagliore e inganno d'occhi, peccato sia ancora giorno pieno e non poter sapere. E se fosse davvero germogliata in mezzo al grano ancora acerbo una spiga di stralisco?

Ma c'è ancora troppa luce e lo stralisco brilla al buio, nel silenzio notturno, quando i pensieri tornano a sè, tornano vivi. Nessuna parola, pensiero in immagini, intessendo trame e orditi in disegni improbabili e irreali. Acuire gli occhi e sapere ascoltar l'ombra, consegnare il mondo al giorno e lasciarlo fluir via, quiete e silenzio per ritrovare forme nell'indistinto che annulla e assorbe in sè.
Riabituarsi a prestar cura...

il suo fiato, vasto e lento, sembrava l'onda del vento che piegava lo stralisco
[R. Piumini]

2 commenti:

nocciolina ha detto...

curioso, domenica sbiciclavo tra le spighe di grano della campagna tra gaibanella e non so dove! e c'era un cielo simile...
ciao amica!

plenilunjo ha detto...

Auvers sur Oise è l'ultimo paese dov'è vissuto Van Gogh... Sono campi di grano che ormai, per me almeno, avranno tutt'altra luce. Però trovandoti immerso tra le spighe e il cielo capisci la potenza vitale da cui lui deve essersi sentito invaso per parlare col colore in quel modo.
Heidegger diceva "Vincent Van Gogh lavorò, si strappò i quadri per così dire dal corpo".
Il colore era il suo modo di vivere...