venerdì 11 gennaio 2008

dimentico

Così, senza neanche avere il tempo di capire quale pensiero ti sta attraversando la testa ti ritrovi a dirlo. Poi ti fermi, e lo specchio che hai di fronte ti aiuta a domandare. La prima parola però è un No.

- No, non è possibile. Che hai detto? Ti manca? Come, ti manca? Ma davvero?
- Sì, mi manca quell'inverno...

E ti chiedi come sia possibile.
Ricordano gli occhi, sempre tristi e inclinati al suolo. Ricordano. Sempre loro. Il vagare dello sguardo tra anonime sagome, in strada, cercando e fuggendo una forma nota, lei, quella che subito sarebbe spiccata nel grigio e nell'inerte coi suoi guizzi inconfondibili. Che non volete guardare o sapere davvero, occhi. O forse sì, e seccarvi del tutto e morire un poco.

Eppure riesci a pensare "però mi manca quell'inverno..."

Sì, mi manca.
Ora, mi manca il divano rosa di casa, ormai distrutto dai gatti come del resto ogni altra cosa, vinili, libri e soprammobili come puzzle recuperati. Tutti i mobili o quasi ereditati, riciclati, di fortuna, o sostituiti solo al limite ultimo quando proprio non si poteva fare altrimenti, secondo la logica del "Ma funziona ancora! E' uno spreco cambiarlo.." e "No, stavolta no! Il piatto non lo puoi incollare!" ..e sentire tremando il rumore della ceramica quando viene appoggiato sul tavolo, che una di queste volte si sbriciola, lo so!
E continuare la collezione frutto dei mercatini dell'usato nelle chiese sconsacrate che a Dicembre fa solo un freddo che ti entra nelle ossa e non ti molla più, caccia alla vecchietta che unica tra i volontari ci capisce qualcosa ed è in grado di non farti pagare il secondo tomo del Conte di Montecristo un euro in più "perchè ha più pagine", o la stoffa recuperata nel cesto degli scampoli col prezzo al metro!

Eppure quell'inverno mi manca.
Sedute sul divano con i ciuffi d'imbottitura bianca che spuntano dal basso, guardarsi la tv che non mi ricordo se aveva già quella luce verde diffusa che rende ogni film vagamente fantascientifico. Forse no. Forse all'epoca il verde era solo in basso a destra. E forse un'altra chiazza rossa in alto al centro.
Sedute, plaid addosso e tazze tonde tra le mani, forma perfetta a scaldare dita e palmi, fumi che salgono tra arancia e cannella.
Del film comincia la parte tragica, le tazze son posate a lato, le mani cominciano a stropicciarsi, e poi trattenute sotto le gambe, e ancora a sostenere e tenere la testa, strette un poco.
Ognuna persa nel proprio viaggio, nella propria storia, ricalcando i sentimenti a schermo del proprio vivere, di chi ci circondava.
Un volo. Uno schianto. Sussulti anche tu e lo assorbi in te.
Poi, solo dopo, viene spontaneo girarsi, guardarsi, anche se già lo sapevamo, che non si piange sottovoce. Piangiamo e ci guardiamo piangere, in un viaggio che è passato, ma in un ora che è lì, vicine.

Sorridiamo.
Ci sorridiamo.


[Il cuore è recidivo e il reato, lo so, ma non ricordo, dimentico. Quintorigo]

2 commenti:

Anonimo ha detto...

manca anche a me...mi manca aspettare primavera....INSIEME.

plenilunjo ha detto...

Aspettare primavera, volere a tutti i costi godersene il primo giorno fuori, anche se il cielo scroscia acqua. E ridiamo di noi, della situazione assurda, della pioggia, mentre parliamo parliamo parliamo.
Amica mia, ti voglio bene. E in fondo siamo insieme lo stesso.