venerdì 27 giugno 2008

schegge di legno, foglie di lauro

Restano fotografie non scattate su un letto ormai sfatto,
disfatto e rifatto per l'ultima volta.

La mia maschera appesa al muro mi guarda macchiata di nero, linee scure a dipingerle il volto, forse distorcerlo, inchiostro che scorre e incide parole.
Dal mio viso ho lavato ogni traccia di colore, i porpora e gli oltremare hanno lasciato posto a un bianco che riflette inerte la luce.
E se non sai potresti credere che sia sempre stato così.
Alterego scolpito che si fa bello coi miei trucchi migliori, i più studiati e i più freddi, puri artifici, immobilità sola in cui non si può esistere.
Al suo posto io, universo imperfetto e irregolare, per questo vivo.
Mastico lauro per pronunciare parole.

Non accontentarmi più delle linee che sono stata io stessa a tracciare
coscientemente per darmi forma.

Chiedersi che ne è di queste parti di sè, non ci si abitua a dire addio.
Lascio ciò che non ho detto, non ho fatto, non ho visto, portandomi dietro sorrisi e istantanee scolpite sottopelle.
E i silenzi? Colori di suoni sbiaditi, non so se serbarli o abbandonarli, in fondo sono solo lame che non hanno più filo.

Trucioli di legno come farfalle spiegazzate in aria
dispersi dal vento.

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