sabato 18 aprile 2009

urban tales



Come un carillon suonato leggero, tocchi acuti che si sentono appena, quasi persi e assorbiti dall'aria.
Attraversando tanti luoghi, davvero favole urbane a rincorrersi e succedersi, per voci amiche e braccia strette intorno al corpo.
Sentirsi accolti, di continuo...

Etrangère ou chez moi dans tous les lieux.

Straniera o presso di me ovunque mi trovi... Non c'è un luogo da chiamare casa, che non so se voglia dire che non ce n'è nessuno oppure che ce ne sono molti. Ognuno con una sfaccettatura di me, una delle mie varie vite che mi aspetta lì, sospesa per continuare quando tornerò.

E' stata Paris, con il mio fiorellino personale che mi guarda e sorride, mentre insieme seminiamo continuamente gocce di pioggia a nutrirci.
P., così, senza altre definizioni, che è parte di me e lo scopro quando le sue vie si mostrano così familiari da non dover prestare loro attenzione.
Dall'ultimo piano del Beaubourg un colpo d'occhio ad abbracciarla tutta, fino a MontMartre sulla sua collinetta, in quel bianco strano che con la luce della sera si sporca di grigio, come stesse morendo un poco prima di accendersi per la notte.

Roma, ancora, ogni volta di nuovo e nuova, con altri volti da mostrare, altre voci.
Aspettare che le strade lentamente diventino familiari, conquistate metro dopo metro nei vari momenti del giorno.

Col mio fuoco fatuo sospeso sul tavolo, luce dai colori caldi che non emana calore.

Il mio corpo intanto lacrima sul marmo e senza scalfirlo lascia tracce di sé.
Di giorno lo chiamano grano, devi socchiudere le ciglia e aspettare le ombre per notare un bagliore.

Chiudi gli occhi...

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