giovedì 17 dicembre 2009

idoli

Siamo partiti col buio, col ghiaccio iridescente a incrinare i vetri, a irradiarli. Il cielo color blu notte, con un ritaglio di luna a inciderlo di sbieco.
Era notte e faceva freddo, c'era la luna e l'aria si tagliava con gli occhi. Poi è cominciata la nebbia, e il mondo è scomparso col chiarore del primo giorno.
La strada terminava, finiva nel nulla. Un respiro ad appannare il mondo e a tenerci sospesi.

Le cose non accadono davvero finchè non ci sei in mezzo.

Sono arrivati i monti, i colli del veneto. La galaverna costruiva qua e là sculture di ghiaccio, mondo riemerso.
L'alba alle spalle, verso le montagne uno slargo del fiume che apriva la roccia e ingrandiva la terra, vallata protetta. Costoni di pietra sedimentati a lastre, e un fiume d'acqua gelida che scorreva lento. Una casa sospesa su un appiglio di monte, ed eravamo già oltre.

Rose bianche e cenere, e gli idoli se ne vanno.
L'ultimo saluto, l'ultimo grazie mentre le campane suonano al cielo terso.

Bisogna dare idoli belli alle persone. Troppo facile, mediocre, inseguire ideali bassi, quel che già ci appartiene.
Io avevo scelto te e i tuoi capelli rossi in mezzo al bosco, me e le casette di cartone e felci.

Chissà se le ferite rimarranno.
Chissà se ora che non ci sei più sapranno col tempo riassorbirsi, o se invece non hai portato con te tutte le creme e gli unguenti, e noi resteremo qui a leccarci ferite aperte...

Nevica, e non avere chi si prenda cura di te nell'inverno.
Io qui a cercare contatti che non verranno, e se verranno saranno sbagliati.
Il tuo riso in ognuno di quei fiocchi di neve, a durare finchè non si appoggiano a terra.

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