giovedì 6 marzo 2008

pietre fresche, gusci scuri e polpa bianca

Tempo, passi veloce.

Cielo grigio, geografie familiari ripescate dai ricordi di secoli fa, estati passate su un mare che ora è color delle nubi e assorbe il cielo nel suo limite estremo. Insenature, rientranze in pietra e roccia, diritte a entrare nel mare, quell'acqua, quasi dimenticata eppure inconfondibile, i pini ovunque a riportarmi indietro nel tempo.

Accucciata sulla terra scura e morbida, gli alberi a riparare dal sole troppo intenso, odore di resina e davanti un sasso grande, chiaro, io sono più piccola. Con gli occhi ne seguo la superficie irregolare eppure liscia, instabile nella sua andatura fatta di saliscendi, cercando un'ansa, un incavo per quell'occupazione delle prime e calde ore del pomeriggio, mentre i grandi dormono e non ci sono rumori, solo quiete.
I rimasugli delle pigne e un mucchio di pinoli a fianco, un sasso troppo grande in mano. Gioco che dura ore intere, tra divertimento e paura per quel suono così secco mentre uso tutta la mia forza per rompere i gusci scuri. Sbatto a caso guardando altrove come se così potessi non sentirne il rumore mentre il piccolo frutto viene sbalzato lontano, irritrovabile tra gli aghi dei pini marittimi. Solo a volte la polpa bianca si sparge sulla pietra fresca d'ombra e riesco a recuperarla tra i frammenti di guscio. La porto alla bocca in rimasugli infinitesimi, talmente poca da lasciar solo una traccia dal sapore dolce, un profumo di legno.
Guardo il mucchietto a terra, ne scelgo uno un po' più grande, sperando che me ne regali un po' di più. Il nero mi sporca le dita e già che ci sono ne approfitto per dipingermi un po' addosso. Finito, ritorno ai pinoli. Chiudo forte gli occhi e picchio il sasso. Intorno, solo il bosco.

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