Pagine aperte, come foglie secche lasciate ad asciugare all'aria delle gocce d'acqua assorbite la notte. L'inchiostro si è sciolto e ha attraversato i fogli di carta, uno dopo l'altro a confondere parole e pensieri, accartocciando e schiacciando il tempo su di sè.
Una notte a contenere anni interi.
E' già arrivato luglio, l'estate, e io sono ferma, qui a scrivere al buio col pennino che si confonde con la carta, entrambi macchiati di rosa, luce tenue a scontrarsi con me.
Resto vigile senza vivermi e reimparo ad uccidermi lenta. Riconosco i gesti e i modi come vecchi ospiti dai modi affabili ed accondiscendenti. So dove andare a stringere le dita perchè sulla gola non restino segni.
Come facevo a respirare?
L'aria entra quel minimo indispensabile a sopravvivere e tutti gli altri gesti, ogni movimento inconsulto o istinto più vitale, diventano solo pugni tirati contro lo sterno, dal di dentro.
Ritorno indietro di anni, a quando mi toglievo l'aria per non impazzire, per non sentire tutto quel nero che mi sommergeva entrare anche dentro di me.
Chiudo la bocca a scatti, come se tutta l'aria d'intorno si fosse prosciugata e non mi restasse che inghiottire il vuoto.
Una pietra grigia e ruvida pulsa dentro lo sterno, ogni tentativo di prendere dentro più aria è una fitta livida.
Giusto mi consento di sopravvivere e mi uccido lenta.
Nessun segno a tradire, tranne gli occhi che sfuggono per non guardare, per non lasciarsi vedere, obliqui e tristi. E un respiro a bocca aperta per racimolare parti d'aria.
So che mi riduco allo stremo perchè è il prezzo che il mio corpo esige per consentirmi di respirare ancora.
Niente più aria, e un grumo scuro a fermare sul nascere ogni tentativo di respiro.
giovedì 2 luglio 2009
senz'aria
traccia di
plenilunjo
alle
01:38
Etichette: incontri-scontri
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