domenica 6 settembre 2009

trine di ferro e monete d'ottone

Mercatino d'inizio mese, mobili pieni di polvere e fiori di lavanda e argenti maculati di nero a trasportare indietro.
Tira vento, se le tende e i gazebo bianchi non fossero arpionati alle cassepanche di legno massiccio finirebbero per ribaltarsi, trascinando con sè tutti i ninnoli di ceramica e i macinini da caffè.
Pesi ricolmi di tempo trattengono a terra un passato che volentieri se ne volerebbe via; qua e là compaiono manichini in ferro battuto, corpi di donna svuotati e ricamati in trine di metallo azzurro che restano lì a ballare con le nuvole scure precipitate a terra.

Non scrivo mai nulla di vero. E non invento niente.
Simulo, simulo e rivesto, do altri volti e nomi. E tutto rimane fermo, irriconoscibile al punto che spesso nemmeno io mi ritrovo più. Ogni cosa e ogni volto sono mascherati e coperti con pitture strane, sculture in cartapesta e piume di pavone.
Sfinge o oracolo ubriaco da pagare con monete d'ottone, parlo per enigmi che spesso non so più nemmeno da dove fossero partiti. Sono solo parole in fondo, parole che si rincorrono per fare in modo di non ricordare fingendo di farlo; parole per sommergere ciò che potrebbe emergere prima ancora che questo possa farlo, prima ancora che possa prendere anche solo una boccata d'aria.
E poi mi meraviglio di restare in apnea...

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